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Gestire un evento è come gestire un progetto. Ed anche un libro lo è: è un progetto di scrittura, e come tale va pianificato e organizzato.

L’idea di scrivere questo testo Gli eventi: dalla progettazione all’organizzazione è nata nel 2019, come ben spiegato nell’introduzione, quando ci sembrava che tutto fosse stato programmato come dovuto. Noi autrici “ci eravamo scelte”, una di noi aveva fatto da tramite tra le altre due che, pur conoscendosi, non avevano ancora avuto modo di collaborare.

Da professioniste dell’industria degli eventi con esperienze in ambiti diversi condividevamo, e condividiamo, la stessa passione e gli stessi valori per la nostra professione. Ci eravamo scambiate opinioni per poi approvare un indice da presentare all’editore, magari ancora non definitivo, di quello che sarebbe stato lo scheletro del nostro libro. Sapevamo che ci saremmo rivolte sia a persone esperte del settore, sia a chi avrebbe iniziato un percorso di studi o semplicemente a chi desiderava ‘saperne di più’, ed inoltre che avremmo dovuto prestare attenzione ad uniformare il linguaggio.

Due aspetti della nostra futura collaborazione ci erano ben chiari: il perché volevamo scrivere un libro sulla pianificazione ed organizzazione degli eventi e che tipo di collaborazione sarebbe stata la nostra. Il perché è ben esplicitato nel testo e, in estrema sintesi, volevamo spiegare di cosa si occupa realmente un Event Manager e “…la vera essenza di un evento: il fattore umano e tutto ciò che accade tra le persone negli spazi dedicati” (p. 28). Inoltre, avevamo deciso che sarebbe stato un testo scritto a 6 mani.

Nessuna si sarebbe intestata un tema, anche se ciascuna avrebbe sicuramente contribuito e curato di più questo o quell’argomento secondo la sua expertise professionale. Un simile progetto impostato sulla collaborazione avrebbe richiesto più incontri, sessioni di brainstorming, condivisione di informazioni e testi, perché per scrivere, sia ben chiaro, bisogna leggere ed ancora leggere. 

E poi è arrivato il 2020, un’onda anomala che abbiamo dovuto imparare a navigare sia da un punto di vista professionale che privato. Nel nostro mestiere bisogna sempre avere un piano B e far fronte agli imprevisti è quasi una routine, per questo abbiamo subito rimodulato il nostro progetto riadattandolo alla nuova realtà e trasformando un problema in un’opportunità. E tale è stata, una vera opportunità di crescita professionale e di amicizia. Se di persona tutte e tre ci eravamo potute incontrare una sola volta, improvvisamente i nostri incontri davanti ad uno schermo si sono moltiplicati in maniera esponenziale ed il libro è entrato a far parte non solo dei nostri fine settimana, ma del nostro quotidiano, e anche di quello delle nostre famiglie, coinvolte loro malgrado.

In rete si possono trovare numerosi articoli che dispensano consigli su come scrivere un libro, tra tanti c’è anche quello che suggerisce al novello scrittore di cercare in casa un angolo dove poter avere privacy e silenzio per potersi concentrare al massimo. Nel 2020 è stato tutto un po’ più difficile, tra decine e decine di webinar, DAD e smart working che hanno testato il nostro livello di resilienza ma che, a ripensarci bene, ci hanno fatto sentire come una piccola community.

Cosa avremmo fatto senza il digitale?

Non sono mancati momenti di ilarità quando, nel darci appuntamento online ‘dopo cena’, ci siamo collegate in tre orari differenti. Nessuna aveva pensato che Trento, Roma e Bari hanno tre fusi orari differenti per i pasti.

Lo spirito collaborativo con il quale è stato scritto il libro ha richiesto uno scambio di informazioni e di idee costante, è stata una vera sonata in trio, a volte affidata alle mani della tastiera, a volte intrecciata con le voci melodiche degli altri strumenti. Un’altra presenza femminile ci ha affiancato e seguito con professionalità e cura: grazie alla nostra editor Federica Franco. 

E grazie soprattutto alle mie due co-autrici.

Chi ha scritto questo post? Una di noi tre.

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